L’ironia sdrammatizza, fa sorridere di se stessi; il sarcasmo esprime una cattiveria figlia di frustrazioni trascurate
Il confine è molto sottile, ma lo si percepisce subito: quando qualcuno fa dell’ ironia, l’effetto sulla persona a cui è rivolta è quello di suscitare una risata, di stimolare una riflessione, di farlo sentire guardato da occhi benevoli, quand’anche esprimano una critica. Quando invece fa del sarcasmo, l’effetto sull’altro è quello di pungere, ferire la sua sensibilità, di farlo sentire svilito, oppure in colpa o in difficoltà e di provocare in tal modo in lui una qualche reazione che vada a vantaggio di chi pungola. L’ironia dunque, se ben dosata, è creativa e fa bene alla salute, mentre il sarcasmo è sempre nocivo. Ma poiché molti sarcastici pensano in realtà di essere ironici (e magari fare del bene…), e fanno danni a se stessi e agli altri, è bene fare ulteriore chiarezza. L’ironia è una funzione essenziale per l’uomo: uno sguardo un po’ distaccato e canzonatorio su un evento, una situazione, sugli altri o su se stessi, capace di osservare in modo panoramico, acuto e lucido, cogliendo gli aspetti ridicoli, effimeri, paradossali o grotteschi. Ad esempio come quando uno, ansiosissimo per un esame di studio, riesce a “vedersi da fuori” e a cogliere l’assurdità ridicola del suo eccesso di tensione, e una battuta riporta tutto alle giuste dimensioni. L’ironia dunque è leggerezza e visione d’insieme.
Il sarcasmo è il suo contrario, che nasce spesso da un eccesso di ironia priva di cuore, e anzi incattivita da una prolungata frustrazione. Il sarcastico è dentro fino al collo nella situazione che prende di mira, la prende troppo sul serio, ne ha una visione alterata e parziale, non riesce a criticarla direttamente e utilizza la “frecciata” pseudo-ironica che otterrà solo un peggioramento delle cose. Ad esempio una madre che, stizzita, dice alla figlia: “Il tuo fidanzato? Sono certissima che a forza di congiuntivi sbagliati farà strada… scherzavo, ovviamente!”. Ma non è uno scherzo: è qualcosa che proprio non le va giù. Ora, a ognuno di noi può sporadicamente scappare una frase sarcastica, ma ci sono alcuni che hanno una spiccata tendenza a farne uso, tanto che il sarcasmo diventa il loro sguardo sulla realtà e la loro cifra di riconoscimento.
Possiamo individuare cinque tipologie di persone che ne fanno largo uso.
– Il superiore ha un innato complesso di superiorità, indipendente da ciò che ha realizzato nella vita, che si traduce in un atteggiamento di “scontata saggezza” o di velato disprezzo verso gli altri oberati di piccole e grandi preoccupazioni. Il suo sarcasmo è tutto diretto all’esterno. Su di sé, una garbata e affettuosa autoironia. – Il disilluso è cronicamente amareggiato dall’esistenza e non crede più nella felicità, tanto che quando essa si presenta lui non la riconosce, non sa viverla o la impacchetta in un sarcasmo carico di sconfitta. Sì, ha avuto qualche delusione, ma il suo sarcasmo maschera la paura di riprovare a mettersi in gioco e di soffrire.
– Il dipendente è incastrato in una coppia in cui l’amore è stato vissuto male, con frustrazioni inespresse e umiliazioni non sfogate. Ora gli restano attaccamento e dipendenza dal partner che però è rimasto identico. Chiede l’impossibile amore di un tempo attraverso la critica sarcastica. Ottiene indifferenza, che potenzia il sarcasmo.
– Il maldestro ha un enorme bisogno di accettazione, di sentirsi unico e simpatico. Ciò lo porta a fare dell’ ironia pesante, a forzarla fino a un sarcasmo che chiede l’applauso, ma di cui in realtà dovrà chiedere scusa per aver ferito o offeso. È uno “spaccone psichico”, che non riesce a fare autoironia per paura di perdere valore.
– L’arrabbiato è un misto di tutti gli altri quattro sarcastici. Neanche lui sa bene da dove nasca l’arrabbiatura, benché spesso sia riferibile a un rapporto da sempre molto conflittuale con almeno un genitore. Alterna ironia pesante, disillusione, superiorità reattiva e frecciate gratuite, ma la sua solitudine non cambia.