Un filo sottile separa ambizione e competizione, tanto che spesso i due concetti si sovrappongono: chi ambisce a qualcosa di importante spesso finisce per vivere in modo competitivo anche tutto il resto, portando molto stress nella propria vita. Sempre più spesso in psicoterapia le persone parlano della vita come di una continua sfida in cui sentono il riflesso istintivo di primeggiare. C’è un ritrovo in pausa pranzo con i colleghi e uno fa una battuta? Bisogna farne una che sia “la più divertente”. C’è una sera fra amici che si raccontano le proprie esperienze? Bisogna raccontare qualcosa di più “forte” degli altri. E così via…
Non si tratta solo di piccole cose: ci sono donne che sentono l’esigenza di avere un figlio in più delle amiche; uomini che devono arrivare a guadagnare di più di tutti i conoscenti, anche se guadagnano già abbastanza. Appartamenti, automobili, vacanze, stato sociale, numero di amanti, di complimenti, di brillantini: tutto può essere utilizzato, da chi “deve” primeggiare, per spuntarla e sentirsi “il primo”. Anche se non conta, anche se nessuno sta gareggiando.
Alla radice di questo atteggiamento, che trasforma l’ambizione in schiavitù, c’è un problema di identità e di autostima. Si sente la continua necessità di stabilire una classifica che confermi quanto si vale: tante sfide, per sentire di esistere e valere. In questo modo però non si potrà mai essere felici, perché vivendo un’esistenza comparativa, in cui l’attenzione è tutta sugli altri e non su se stessi, qualsiasi risultato si raggiunga non sedimenterà mai in noi una sensazione stabile di valore. Ci vorrà sempre un’ulteriore sfida, un’altra effimera vittoria, all’infinito.
Per uscire da questo circolo vizioso bisogna recuperare il vero significato dell’ambizione. Ambire non significa primeggiare, ma innanzitutto avere un desiderio di realizzazione e di compimento, volere dar forma ai propri talenti e giungere quindi a un risultato concreto. E implica il fatto di dare il meglio di sé. Se poi alla fine, avendo perseguito tutto ciò, ci si ritrova ad eccellere, tanto meglio, ammesso che conti qualcosa…
Quali sono i rischi dell’ambizione eccessiva? Innanzitutto non ci si può mai rilassare e non si riesce a godere di ciò che si ha. Nel confronto continuo, poi, si perde di vista il proprio reale valore. Infine, si rischia di apparire prevaricanti e di compromettere le amicizie.
Per cercare, invece, di realizzare noi stessi, è necessario innanzitutto riconoscere la propria ambizione senza pregiudizi: avere ambizioni è giusto e sano. Del resto il voler primeggiare di continuo può esprimere, seppur in modo sbagliato, il desiderio di fare le cose bene, di essere individui completi. Se è così, facciamo un salto di qualità, perseguendo questa meta in modo più concreto, senza perderci in continui confronti: guardiamo di più noi stessi, poiché le classifiche rischiano di distrarci. Se togli di mezzo la competizione, cosa rimane di ciò che stai facendo? Ti piace lo stesso? Ti appaga? Ti rende felice?
Sono tutte domande a cui è bene provare a rispondere, per vedere quanto il continuo spirito competitivo stia debordando dai suoi limiti arrivando così ad allontanarci da una vita autentica e serena.